La Tabula Cauloniensis: la più antica testimonianza in lingua achea

Durante gli scavi a Kaulonia, presso la località di Punta Stilo, l’Università di Pisa scoprì un importante reperto del V sec. a.C.: una lunga epigrafe in alfabeto acheo, 18 linee di cui 15 versi, esametri e pentametri (il cui utilizzo forma un epigramma). Scoperta nel 2000, è stato reso possibile leggerla solo nel 2013, grazie a un attento restauro. Si tratta del più lungo testo in alfabeto acheo scoperto finora.

Viene utilizzato un alfabeto acheo coloniale che si contraddistingue per l’assenza di digamma. Le lettere sono disposte accuratamente secondo uno schema regolare, come su una sorta di maglia in cui ognuna riceve il suo posto. Questo tratto è bizzarro per la Magna Grecia, mentre più diffuso ad Atene e nella Ionia. Inoltre, le linee sono di lunghezza diversa e i versi corrispondono alla metrica. L’epigrafe è databile al 480-70 a.C. Vediamo ora il contenuto: dopo una tipica invocazione alla divinità, vi è il nome del dedicante, Pythokritos, “figlio di nobile padre”. La conclusione della prima parte reca poi il nome dell’artista, segno evidente che l’iscrizione doveva essere apposta sotto a una statua, come dimostrano due fori in alto sulla lamina, dove far passare i chiodi per l’affissione. La parte centrale, invece, reca una composizione poetica e per tre volte viene ricordata la presenza di una statua di Zeus detto Olimpios e Basileus (olimpio e re) e per due volte si specifica chiaramente che essa è stata eretta nell’agora da Pythokritos.

I versi sono di modesta qualità ma sono di grande interesse storico-religioso e culturale, specie considerando che gli anni di riferimento (480-70 a.C.) prima cioè della presenza ateniese sul suolo italico. Forse siamo qui di fronte a elementi culturali e maestranze provenienti dalla Ionia e in particolare da Samo. I personaggi menzionati nell’epigrafe non sono altrimenti noti ma la statua viene detta essere di grande ornamento per i cittadini, segno che l’agorà non dovesse essere distante.

L’area era utilizzata in epoca tardo-arcaica come luogo di culto, stando a quanto attestano anche dei segnacoli trovati integri e pertanto rispettati dai successori nell’area. È stato ritrovato un gruppo di armi raccolte insieme, degli ex voto: si segnalano un elmo calcidese e due schinieri, uno dei quali un raro tipo con gorgoneion, cioè decorato con testa di gorgone all’altezza del ginocchio, raramente attestato in ambito magnogreco e tardo-arcaico. «Un gruppo, questo – scrive M. C. Parra, archeologa e docente – formato da elementi ‘disomogenei’, ma ‘omogeneamente olimpici’ nei forti richiami ad esemplari dal santuario panellenico». Lo schiniere a testa di gorgone richiama, inoltre, un pezzo di armatura conservato nel Museo di Reggio Calabria.

L’insieme dei reperti si è rivelato utile per stabilire l’attribuzione del santuario, finora attribuito a Afrodite sulla base di un passo di Pausania. L’elmo reca una dedica in alfabeto acheo a Zeus (VI sec. a.C.) e sempre Zeus compare nella Tabula. Quest’ultima ci rivela una polis variegata, ricca di statue, di piazze, di un’ampia fascia aristocratica e di artisti. Purtroppo, la zona archeologica deve far fronte all’erosione naturale del mare che ha cancellato questo come altri contesti del santuario già scavati, per fortuna, nel 2013.

In ordine: 1. Elmo calcidese; 2. Schiniere con gorgoneion di Kaulonia; 3. Spallaccio con gorgoneion di Reggio

Giuseppe Mendicino

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